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Ciò che Giuseppe Corongiu non dice … e non sa (III)

Giuseppe Corongiu stava cercando di sputanarmi nel suo Facebook, inserendo delle affermazioni di una certa Antoilette Charbons che probabilmente in realtà non esiste e che sarà sa sorri de Giulia Aresu (il famoso avatar di Giuseppe Corongiu nel blog di Roberto Bolognesi).

In questo gesto si vede il caratterino di Giuseppe Corongiu … la ca ti ddu dongiu…

Invece di informarsi meglio, fa girare foto mie, prese dal mio facebook mentre stavo festeggiando natale con la mia famiglia.

Cose che io non ho mai fatto perché rispetto la privacy delle persone.

Bene, Giuseppe Corongiu parla dei cosidetti “luoghi comuni”, nel suo… lo vogliamo ancora chiamare libro? Il messo insieme di accuse, scemenze e acttacchi personali… tutto solo per sostenere la Limba Sarda Comuna?

I luoghi comuni, niente di nuovo.

Ne hanno già parlato Roberto Bolognesi / Wilbert Heeringa (2005) La Sardegna fra tante lingue.Il contatto linguistico in Sardegna dal Medioevo a oggi (Cagliari: Condaghes)

e Francesco Casula La Lingua sarda e l’insegnamento a scuola (2010), Quartu S.E: Alfa Editrice (un altro libro che Corongiu non menziona).

Al contrario di Giuseppe Corongiu non ho potuto verificare chi fosse il colpevole di questi “luoghi comuni”. Lui da la colpa alle universtià, agli studiosi e alle catedre di filologia e linguistica romanza e alle persone che non vogliono unificare il sardo perché in realtà sono tutti italofili.

In realtà è molto difficile parlare del libro di Giuseppe Corongiu, siccome in ogni pagina ci sarebbe qualchecosa da criticare. Infatti si vede che lui negli ultimi anni ha fatto prevalentemente il giornalista politico, infatti non scrive come un filologo o linguista.

Lui se la gira come vuole. Quando Pittau dice che il logudorese non è omogeneo, gli sta bene, ma che Pittau abbia proposto due norme, una logudorese ed una campidanese, non lo dice. Wagner è stato grande perché diceva che il sardo è una lingua, ma la sua tesi sull’arcaismo, non andava bene. Invece Guido Mensching gli sta bene, visto che è andato contro l’arcaismo, ma non menziona che il raggruppare dei dialetti di Guido Mensching è quello di sostenere le due macrovarietà… e così via. Si prende ciò che vuole da ogni linguista, senza andare in fondo e senza analizzare che cosa è vero e che cosa non è vero e senza cercare di trovare una mediazione tra ciò che i linguisti hanno scritto nel passato e quelle che succede oggigiorno.

Ma, andiamo step by step. Oggi parliamo del “Campidanese” e del “Logudorese” e le prossime volte parliamo degli altri “luoghi comuni”.

Potremo anche sostituire le due parole “Logudorese” e Campidanese” con i termini “sardo meridionale” e “sardo settentrionale”, termini che tutti usano senza problemi anche le persone che dicono che il “campidanese” e il “logudorese” non esistano.

Sappiamo benissimo che nessuno ha in mente i dialetti che si parlano nel Campidano quando si parla del “Campidanese”, ma che il termine funge come una metonimia per le parlate di tutto il sud della Sardegna.

Sappiamo che nessuno pensa alla zona storica del “Logudoro” quando si parla del “Logudorese”, ma che stiamo parlando dei dialetti del centro-nord della Sardegna.

Cioè, i termini “Logudorese” e “Campidanese” non indicano nient’altro che “sardo settentrionale” e “sardo meridionale”.

Ovviamente è stato anche Wagner a fare la distinzione tra “Logudorese” e “Campidanese”, prima di lui Madao, Spano, Porru, Diez e gli altri. Infatti, possiamo ben dire che la cartina linguistica di Guido Mensching rispecchi perfettamente la suddivisione dialettale delle parlate in Sardegna, secondo Wagner. Anche il fatto che il campidanese sarebbe più uniforme del logudorese è una tesi di Wagner.

Wagner, Max Leopold (1997): La lingua sarda. Storia, spirito e forma. Nuoro: Ilisso.

Chi lo volesse leggere: http://www.sardegnacultura.it/documenti/7_4_20060330171122.pdf 

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Ecco. Su che cosa si basa questa classificazione? Quali sono i criteri per distinguere il “Logudorese” dal “Campidanese”? Se ci guardiamo le tesi di Wagner, nel libro menzionato prima, vediamo che la distinzione si basa su determinate isoglosse (281seg.).

Le isoglosse che conosciamo tutti quanti benissimo.

Ma vediamo cosa dice Corongiu:

“Il lavoro di Michel Contini, forse il primo che è sceso sul campo a studiare i dialetti con gli strumenti della linguistica moderna  insieme a Maurizio Virdis (ma quest’ultimo solo per i dialetti meridionali), ha disturbato le verità “sociali” della linguistica accademica e curiosamente non è stato neppure tradotto in italiano dalla lingua in cui è scritto, il francese. Né il suo testo è stato adottato nelle università sarde. ”

Non so com’è in Sardegna, ma di solito un romanista conosce il francese, per ciò, non è necessario tradurre testi dal francese all’italiano per le catedre di romanistica. Essere romanista, e non avere almeno una conoscenza passiva del francese, cioè riuscire a leggere testi in francese, è impossibile.

È giusto un argomento per farci credere che le università sarde (e altre) vogliano nascondere i testi di Contini. Callonada manna.

Ma, a quanto pare, sono così importanti i testi di Contini che Corongiu stesso non li mette neanche nella sua bibliografia… Lì, troviamo solo un libro di Contini per bambini e nient’altro…scritto in italiano…

Poi…sempre pagina 44.

“A questo proposito alcuni obiettano che, se è vero che il Campidano è l’area più popolata, il numero dei parlanti effetivi nel centro-nord dell’isola è probabilmente più alto, dato che la sardofonia è molto più diffusa nelle zone centrali. Le osservazioni dell’Ufficio Regionale della Lingua Sarda che resisterebbe nella trasmissione intergenerazionale, solo in poche aree centro-orientali e in particolare nell’Alta Barbagia, nella Baronia e nel Goceano e in poche altre aree centrali.”

Ecco, adesso abbiamo visto come nascono i “luoghi comuni”. Tra breve avremo un sacco di gente che dirà che più gente all’interno della Sardegna parli il sardo e che sopraviverà solo lì. E questo, senza una fonte credibile, analisi o dati.

Si basa su chini? “Dell’Ufficio Regionale della Lingua Sarda”… ?! Est Giuseppe Corongiu e is amigus suus a nai cussas cosas??? Sa mitza est s’Ufitziu de sa Limba Sarda??? You and yourself? Ajò!

Cosa significa “parlanti effetivi”?

Intende il Campidano geografico o intende tutto il sud della Sardegna?

In più, giàcché, secondo lui si conserverà solo lì, addirittura vuole imporrere quel sardo a tutti?

Continua:

“Ma questa argomentazione ha ragione di essere se si dà per scontato che il “logudorese” e il “campidanese” esistano veramente e siano due varietà omogenee. Cosa che non è, visto che si tratta di due definizioni arbitrarie inventate da linguisti e para-linguisti e date per scontate senza nessuna verifica sul campo, anche se nella polemica contro lo standard comune vengono presentate come lingue “naturali” e tradizionalmente accettate. Anche se, è chiaro, a forza di dirlo, il meccanismo è che la gente si convince poi che esistano veramente. E le popolazioni sarde, in quanto italianizzate, sono particolarmente credulone in merito alle bugie raccontate dalle autorità.

Giusto per farvi vedere un pochino lo stile di Sir Corongiu. Non ho nessun problema con critiche o nuove tesi ecc… ma se è lui il primo a non avere fonti, ad essere a-scientifico e inventarsi le cose… come può andare in giro a attribuire agli altri, ciò che fa lui stesso?

Arriviamo ai testi di Contini. Userò un testo suo scritto in italiano che vi posso mettere anche a disposizione, così lo potete leggere anche voi.

Contini, Michel (2004): “Noragogume, così vicina a Nuoro…”, in: Grimaldi, Lucia / Mensching, Guido. Su Sardu. Limba de Sardigna e Limba de Europa. Atti del congresso di Berlino, 30 Novembre-02. Dicembre 2001, Cagliari: CUEC (113-139).

Fai clic per accedere a 2010072213042400039.pdf

Contini si chiede: Dov’è la “lacana” tra sardo meridionale e sardo settentrionale? Tra Logudorese e Campidanese? (pag. 119). Dal punto di vista linguistico o “geolinguistico”, Contini, ci dimostra che queste “astrazioni” non esistano, analizzando vari suoni, la morfologia e il lessico. Infatti poi, ci ritroviamo con delle cartine di questo genere:

contini

“… le ricerche geolinguistiche dimostrano, al contrario, l’esistenza di una grande frammentazione dialettale all’interno di ciascuna di loro. Senza contare, poi, che anche la tradizionale divisione nord-sud del sardo, continua ad imporre l’immagine di una frontiera linguistica interna che, in realtà, non esiste. […]. Si può quindi ammettere perfettamente, l’esistenza di un “sardo continuo’”, all’interno di una “Romania continua”.” (2004: 115).

Io non sono d’accordo con lui per quanto riguarda l’ultima frase. Allora mette in dubbio tutti i dialetti e tutte le macrovarietà e anche lingue minoritarie? Allora non esiste neanche il siciliano, il piemontese, il catalano, l’occitano, il friulano … tutto Romania continua? Sono sicura che però troveremo da per tutto dei dialetti di contatto. L’esistenza di dialetti (o biddas) che hanno tratti del sardo meridionale e del sardo settenrtionale, non prova un cavolo.

A parte questo. Io, non sono d’accordo con Contini dal punto di vista sociolinguistico.

Certamente, possiamo andare in giro, come Giuseppe Corongiu e dire che i parlanti del sardo sono stati manipolati da duecento anni.

Ma sarà vero questo?

Vediamo cosa dice Contini:

“Se prendiamo in considerazione le sei isofone che delimitano alcune caratteristiche fonetiche considerate come le più rilevanti per l’opposizione nord-sud dobbiamo constatare che i loro tracciati divergono, delimitando un’area in cui numerose parlate sono settentrionali per certi tratti e meridionali per altri: 1. n) cane / (s) cani 2. (n) coro / (s) coru 3. (n) chelu / (s) celu 4. (n) sos, sas / (s) is 5. (n) roda / (s) arroda 6. (n) iscala / (s) scala.” (pag.117).

Qui infatti Contini dice che esistono delle isoglosse più rilevanti di altre…

In generale non esiste una linea chiara e concisa laddove i paesi nel centro (nel continuum) abbiano tutti i tratti in comune per essere dichiarati chiaramente logudorese o campidanese.

Addirittura, queste isoglosse a volte si trovano nell’altra parte. Può succedere che in un paese “campidanese” si dica anche “abba” o che abbiano le finali in -e- e non in -i-…o che in una parte del logudorese si usi -is- ecc…

Ehmbe?

Se noi facciamo una lista di queste caratteristiche considerate le più rilevanti, arriviamo ad un certo numero di “caratteristiche”, non solo quelle sei, attenzione! Sono molto di più. Se prendiamo in considerazione anche aspetti grammaticali, la morfologia, il lessico ecc. ovviamente arriviamo a ciò che io chiamerei “texte” o “discours”.

Se adesso prendiamo due testi (Lettera di Oreste Pili alla Regione) dando solo un occhiata:

1. “Como, tentu contu de totu custos bisonzos chi non si poden ponner prus in abbandonu, est de leare in cunsideru chi sa polìtica isperimentale de sa Regione ch’est colada pro su logu istrintu chi issa etotu s’est dadu e, pro su seberu de sa LSC, cheret narrer de una limba sarda comuna, cuss’isperimentu, teninde contu fintzas de sas bonas intentziones, at mustradu chi non b’aiat capia. Sos fatos an mustradu chi s’intentu de nde bogare a pizu unu còditze linguìsticu ebbia, chi totu deperen sighire, at fatu bider un’aerru grae chi, comente si timiat, at ispartighinadu sa zente imbesse de l’aunire. In custu mamentu su tretu inter su Campidanesu e su Logudoresu est de gai chi non si podet acolumare a perisse. No est serbidu a nudda, tando, e nemancu a perun’àtere, su aer fatu a nou a taulinu unu còditze misturadu, proite s’est mustradu de esser atesu dae sos unos e dae sos àteros, chena poder assimizare a su limbazu de peruna realidade linguìstica de como,francu paghitzeddas minorias de su logu de mesania.”

2. “Imoi chi est craru ca cust’abisòngiu no fait a ddu stesiai a àtera dii, fait a nai puru ca oindii sa polìtica linguìstica sperimentali de sa Regioni est faddia, siat po s’essi acunortada de impreai su sardu in domu sua sceti, siat po ai sceberau sa LSC, est a nai una lìngua sarda comuna, presentada comenti un’esperimentu cun tentas mannas e bonas, ma chi agoa de totu no at batiu frutu perunu. A contus fatus, sa realidadi nos’amostat ca su bolli aprontai unu còdixi linguìsticu ùnicu e bonu po totus est stètiu una grandu faddina, e at partziu sa genti in logu de dda ponni impari, comenti nosu etotu timemus. Oindii su tretu intra de Campidanesu e Logudoresu est mannu tambeni de no fai a ddus acucurai. E no est serbiu a nudda – e a nemus – su ai aprontau, sètzius aingìriu de una mesa, unu còdixi amesturau, ca custu est atesu meda de s’unu e de s’àteru e no aciapat cumparàntzia in peruna de is realidadis linguìsticas de oi, sarvu unas cantu biddixeddas piticas de is logus de mesania.”

Insandus?

Io sono convinta che possiamo chiedere a tutti i parlanti della lingua sarda, quale testo ritengono campidanese (o meridionale) e quale testo ritengono logudorese (e settentrionale) e la risposta sarà sempre la stessa.

Mi interesserebbe come Contini ci vuol spiegare questo fenomeno … ?

Adesso torniamo al mio non-amico Giuseppe Corongiu che dice che è solo la colpa degli studiosi e delle università che la gente pensi questo.

Come si fa a negare una cosa talmente evidente? Non dovete credere a me, non dovete credere a nessuno, ma credete solo ai vostri occhi. Queste isoglosse “considerate più rilevanti”, ogniuno di voi, le vede subito.

Corongiu che dice:

“Ma la verità vera è che la classica divisione del sardo in due gruppi dialettali, quasi due lingue distinte, è datata, non ha fondamento scientifico serio, non è provata né verificata sul campo. È più che altro una posizione tradizionale, ideologica, mediata, derivante da testi non linguistici o scritti prima che la linguistica moderna fosse addirittura pensata. È un luogo comune approssimativo che pur troppo gli accademici ripetono all’infinito e così è entrato nella testa della gente.”

E così Giuseppe Corongiu cerca di prenderci per il culo. Andate un secondo sulla pagina: http://www.salimbasarda.net

La pagina del “Movimento Linguistico” dove scrivono tutti gli amici e amichetti di Pepi.

È tutto scritto in Limba Sarda Comuna: ovvero in “Logudorese”.

Lo vorrebbe negare il Prof. Michel Contini che qui nessuna delle “caratteristiche più rilevanti” per i sardi meridionali esista…

Lo vorrebbe negare che ogni parlante del sardo meridionale ritiene quello LOGUDORESE???

Ajò… ma quali cavolo prove sul campo?

È come negare l’esistenza di uomo e donna, dicendo che esistono anche donne con la barba e uomini con tette…

Cosa succede realmente e cosa fanno i parlanti realmente?

Se prendiamo un paese di “mesania” e lo facciamo vedere ad un parlante, il parlante automaticamente presta la sua attenzione alle caratteristiche più evidenti… il nostro parlante ha una lista mentale in testa di isoglosse più evidenti di altre e fa una selezione e poi decide dove abinare un determinato dialetto.

Questa signora cosa parla? Siamo ad Asuni …

http://www.sardegnadigitallibrary.it/index.php?xsl=626&id=195356

Campidanese.

Andiamo un pochino più su: Ruinas

http://www.sardegnadigitallibrary.it/index.php?xsl=626&id=195371

Ecco, SA LACANA – qui è esattamente sa lacana…

E poi andiamo a Samugheo:

http://www.sardegnadigitallibrary.it/index.php?xsl=626&id=194152

Logudorese

Questo giochino, lo potremo fare da est a ovest e troveremo esattamente sempre sa bidda de transitzioni. Ecco, adesso chiederanno… e Ruinas, allora dove appartiene?

Secondo me, questo lo dovrebbero decidere loro stessi. Io direi che ha più tratti del campidanese, ma questo è solo la mia opinione…

Come vediamo, certamente il sardo è UNA lingua, ma i parlanti sono in grado di riconoscere delle isoglosse e dargli un peso, valutarli come nostre o vostre… e questo ” sapere linguistico” non deriva dalle “bugie” delle università o dai professori o chissà chi…

… ma deriva dal semplice fatto che alcune differenze sono troppo evidenti e lo sono sempre state…

La prossima volta parliamo del cattivo razzista Wagner.

18 thoughts on “Ciò che Giuseppe Corongiu non dice … e non sa (III)

  1. brava!!! calisiat sardu ddu scit, custas cosas no dda scint cuddus chi no connoscint su sardu….Corongiu no scit chistionai in sardu, pitica sa brigungia…..

  2. Cara Alexandra, incomincio dall’ultimo commento, di Arricardu: Corongiu sa parlare in sardo, non so quanto bene (ma questo non è un problema, perché rientra nella normalità sociolinguistica della situazione linguistica complessiva, checché se ne dica), ma non è questo il punto. Il punto è che fare lo sforzo di scrivere in sardo costa. Ad altri no, ma a lui che dovrebbe dare l’esempio, sì, a quanto pare. Ma in fondo anche questo è del tutto normale, sociolinguisticamente parlando. Tutti i tipi di competenza sono, sociolinguisticamente, normali. Un altro punto, quello veramente importante, è il contenuto, indifferentemente che sia detto in sardo o in italiano. Nonché la forma del contenuto, cioè lo stile e gli accorgimenti retorici. Nonché l’accuratezza del contenuto cioè l’affidabilità, di cui però non bisogna curarsi – dice qualcuno – perché tanto si tratta di uno scritto né scientifico, tanto meno linguistico, ma politico (così viene difeso dallo stesso qualcuno).
    E dunque fermiamoci alla politica – regionale. Cito: “Il lavoro di Michel Contini, forse il primo che è sceso sul campo a studiare i dialetti con gli strumenti della linguistica moderna … , ha disturbato le verità “sociali” della linguistica accademica e curiosamente non è stato neppure tradotto in italiano dalla lingua in cui è scritto, il francese. Né il suo testo è stato adottato nelle università sarde.“ Non capisco cosa mai e chi avrà disturbato; tutti quanti conosciamo ed utilizziamo il testo di Michel Contini, nessuno si sente o si sentiva disturbato. Al contrario. Questa classificazione di primo secondo terzo ecc. da parte di chi non pratica la linguistica ma la politica, è semplicemente ridicola, nella ricerca scientifica, perché esiste sempre una certa continuità. Ma lasciamo perdere, perché dobbiamo parlare di politica. “Curiosamente non è stato neppure tradotto”. Eh sì, questo sì che è veramente curioso. Il dottor Giuseppe Corongiu, dirigente regionale, dovrebbe prendersi la briga di scendere – lo può fare per l’alta posizione che occupa e per la disponibilità a 360° che lo contraddistingue – negli abissi archivistici della RAS e forse troverà una vecchia pratica, una proposta di finanziare la traduzione in italiano del testo di Contini. Insomma, per farla breve, le due ricerche derivanti da pazienti scarpinamenti geolinguistici (ossia dialettologici: che orrore!), quella di Contini (tesi di stato) e quella di Maria Giuseppa Cossu allieva di Contini (tesi di dottorato, complementare alla precedente), non sono state sostenute dalla Regione per essere tradotte in italiano e così meglio divulgate. Cioè, il tutto è finito nel dimenticatoio burocratico perché forse …. disturbava. Altra spiegazione non c’è. Se sto sbagliando, me ne scuso. Ma le voci girano. E la questione è vecchia di anni. Si può applicare la prescrizione. Evidentemente e semplicemente la Regione non aveva fondi da destinarvi, mentre per altre cose, molto effimere, sì. Inoltre, la dott.ssa Cossu ha lavorato alla Direzione linguistica e poi si è dimessa. Mi è rimasta la curiosità di sapere perché.
    Questa è politica? Credo di sì. E parliamone.

  3. Per me è vergognoso che chi dispone dei soldi pubblici destinati alla tutela della lingua sarda insista con prepotenza nel portare avanti uno standard (lsc) che non rappresenta la lingua sarda parlata o quantomeno conosciuta da più di 500000 (cinquecentomila) persone. la capacità di parlare in sardo come chi la possiede dalla nascita non posso certo pretenderla ma una conoscenza della lingua attraverso sia gli scritti ( poesie, racconti,commedie, trascrizioni di gare poetiche etc..) sia la conoscenza diretta per frequentazione di chi tutt’oggi il sardo lo parla. Alexandra fa bene a riportare le interviste di sardegna digital library sono un esempio chiaro dell’esistenza delle due macrovarianti ( molto più evidente per il campidanese) che sono conosciute da qualsiasi sardo abituato a sentir parlare in sardo.
    Negli ultimi anni ho notato purtroppo un fenomeno singolare: una parte consistente di coloro che scrivono in sardo al di là della variante usata e dell’ortografia, parlano il sardo come seconda lingua (se lo parlano) cosicché il lettore si trova un testo che è pensato in italiano, un testo apparentemente in lingua sarda ma con costrutti e uso del lessico dell’italiano, invece quelli che hanno avuto la fortuna di avere il sardo come lingua madre solitamente non scrivono in sardo, non se ne occupano.

  4. Ma di cosa stiamo parlando? La LSC è una proposta di standard amministrativo per i soli documenti in uscita della Regione, voluta dalla giunta Soru non il sardo ufficiale! E’ l’ufficio linguistico regionale che lo spaccia come tale, aggiungendo integrazioni economiche, ai fondi della 482, a quei comuni che la utilizzano, anche in Campidano a discapito del Campidanese! E’ una vergogna! Gli amministratori più sprovveduti e gli operatori più scaltri, per non dire altro, utilizzano questa proposta solo perchè la regione si compra il consenso finanziando maggiormente i progetti targati LSC! Bisognerebbe indagare su come vengono svolte le istruttorie dall’ufficio regionale per vedere a chi vanno i fondi ogni anno, come vengono ripartiti e quali progetti vengono bocciati e perchè! Non sarebbe per niente male dare un’occhiata all’attività politica dell’ufficio linguistico regionale per fare chiarezza sulla sua gestione, una volta per tutte! Ma prima o poi ci arriveremo! A chi fa attacchi personali contro ‘”nemici”, offendendo e impedendo agli altri di lavorare, prima o poi gli ritornerà tutto contro, come già sta succedendo! La ruota gira e qualcuno potrebbe rimanerci sotto spiaccicato! Brava Alexandra, bel lavoro!

  5. “E’ ben noto che il Sardo ha una fondamentale divisione diatopica che divide il suo spazio geografico in due metà, l’una settentrionale, l’altra meridionale. I principali tratti che distinguono queste due aree possono essere riassunti nella seguente tabella: …”

    Segue la tabella che presenta soltanto caratteristiche fonetiche.

    “Se vogliamo aggiungere alcuni tratti morfologici, aggiungeremo la neutralizzazione di genere dell’articolo determinativo in IS a meridione contro l’opposizione SOS m. – SAS f. a settentrione, e le diverse forme dei pronomi clitici …. Chiameremo le due macroaree, secondo la tradizione e per brevità, Campidanese la meridionale e Logudorese la settentrionale …”

    Inizio di un articolo di M. Virdis, nel volume curato da Paulis – Pinto – Putzu, “Repertorio plurilingue e variazione linguistica a Cagliari”, FrancoAngeli, 2013.

    Chi gioirà, chi s’incazzerà. Comunque, questo è il vento che tira ora, nell’accademia casteddaja, come qualcuno ama indicarla.

  6. ARTICOLO DI ATTILIO MASTINO, RETTORE DELL’UNIVERSITÀ’ DI SASSARI
    LA NUOVA SARDEGNA, MARTEDÌ, 05 NOVEMBRE 2013
    Pagina 33 – Cultura-Spettacoli
    È ORA DI SMASCHERARE I VERI ASSASSINI DELLA LINGUA DEI SARDI
    il dibattito delle idee
    Nel libro di Giuseppe Corongiu una logica intollerante amico/nemico che con le diversità uccide anche sa limba
    di ATTILIO MASTINO Il libro Il Sardo una lingua “normale” (Edizioni Condaghes, 272 pagina, 20 euro)di
    Giuseppe Corongiu, direttore del Servizio lingua sarda della Regione Sardegna, si presenta come un Manuale
    per chi non ne sa nulla, non conosce la linguistica e vuole sapere di più o cambiare idea. L’ho letto col
    sincero intento di capire le ragioni profonde della polemica che l’attraversa. Debbo dire che il libro non
    mantiene nessuna delle sue promesse. A prescindere dai contenuti scientifici, inesistenti, l’autore si ritiene
    investito del ruolo di guardiano del tempio dell’ortodossia linguistica e si dedica a dare colpi a chi non
    condivide il suo illuminato pensiero. Il testo è costruito sulla bipartizione amici/nemici, attribuendo a questi
    ultimi biasimevoli posizioni di retroguardia in tema di lingua. Meraviglia l’abilità di chi è certo di rappresentare
    la sintesi di pensieri diversi, e prima di tutto le posizioni degli assessori regionali degli ultimi vent’anni,
    sempre e comunque dalla parte del potere. Trovo inspiegabili queste oscillazioni e sorprendente il
    cambiamento di campo a proposito della Limba sarda comuna, avendo conosciuto Corongiu come
    sostenitore della Limba de mesania. Un nuovo Manzoni? Per il resto, molte cose banali e perfino condivisibili.
    Spicca la ricostruzione della «questione linguistica» in chiave anti-accademica, con l’obiettivo scoperto di
    finalizzare la storia del mondo alla provvidenziale comparsa in scena di un nuovo Alessandro Manzoni.
    Eppure proprio Manzoni è criticato per il ruolo verticistico assunto nella nascita della lingua italiana standard,
    mentre è lodata la posizione più democratica a favore del multilinguismo di Graziadio Isaia Ascoli. È davvero
    inaccettabile il tono aggressivo verso «gli accademici nichilisti e carichi – d’invidia» (chissà poi perché) e
    l’attacco frontale ai docenti dell’Università di Sassari additati come «nemici del bilinguismo», con una
    ricostruzione dei fatti (penso alla Conferenza di Alghero di due anni fa) decisamente scorretta. L’incontro è
    stato certo vivace, ma nessuna polemica si è svolta nei confronti di chi, come me, ha una storia personale
    legata a Giovanni Lilliu, alla Sotziedade de sa limba sarda, alla Scuola di studi sardi. In difesa del bilinguismo
    mi batto dal 1976, come attesta la deliberazione del Consiglio comunale di Bosa, approvata su mia proposta.
    Non posso dunque essere indicato come uno dei «nemici» su cui si appunta la vis polemica di Corongiu e
    non è una questione personale. L’approccio alla «questione della lingua», ricostruita in senso finalistico e
    provvidenzialistico, appare ingenuo e vittimistico, oltre che autoreferenziale. Sullo sfondo c’è un giudizio
    apocalittico e non condivisibile sulla lingua sarda, «che ha avuto – scrive Corongiu – solo brevi momenti
    storici di ufficialità e secoli bui di considerazione esclusivamente dialettale di natura antropologica e
    folclorica, compreso l’attuale». È ovviamente il patriota che parla. Che delle cose che ama, con «livore e una
    foga antiaccademica», per usare le sue stesse parole. Posizioni pericolose Trovo pericolose alcune posizioni
    assunte da Corongiu su varie questioni e mi sembra vada ribaltata l’accusa rivolta agli «assassini del sardo»,
    che a mio avviso sono quelli che vogliono abbandonare la difesa della ricchezza linguistica e della profondità
    di una lingua che non può essere disprezzata per la sua immaginaria storia di «frammentazione linguistica
    dialettale». Innanzitutto, l’autore si propone di amputare la letteratura sarda, cancellando le opere di coloro
    che hanno scritto anche in italiano (penso a Grazia Deledda), in latino, in castigliano, in catalano. Non ci
    piacciono i plotoni di esecuzione innalzati per scomunicare gente come il canonico Giovanni Spano ed
    Emilio Lussu. Mi ha colpito l’idea di relegare all’ambito dialettale la lingua di Bitti o quella di Quartu, alla
    ricerca di una ipotetica LSC standard e normale, più autorevole della tradizionale «accozzaglia di dialetti»,
    visti da Corongiu con disprezzo e superiorità di stampo coloniale. La Limba sarda comuna nascerebbe solo a
    condizione di rinnegare quelle che Corongiu considera «le 377 parlate isolane» e soprattutto di rifiutare la
    bipartizione della lingua sarda «biforcuta» tra Logudorese e Campidanese. Non fa parte della mia cultura
    accettare espressioni irrispettose nei confronti della lingua sarda, né apprezzo l’autolesionismo e la politica
    di esclusione verso chi la pensa diversamente, sia pur impegnato su obiettivi comuni. La profondità della
    storia Inoltre, ho trovato offensivi i giudizi liquidatori nei confronti dei premi letterari, voluti, secondo Corongiu,
    dalla «cultura egemone» per gratificare «il poeta dopolavorista», «un subalterno, uno che vive ai margini del
    mondo culturale». Espressioni che hanno il sapore dell’intolleranza e del disprezzo. Concordo sull’esigenza
    di difendere l’unitarietà della lingua sarda, ma senza stringerla in un abbraccio mortale, senza uccidere la
    diversità e la profondità della storia: la Regione Sardegna ha fatto molto attraverso gli sportelli linguistici e la
    presenza diffusa sul territorio. Il movimento linguistico può lavorare ancora di più con l’Università, che ha
    inserito la difesa della lingua sarda nel nuovo statuto e intende operare concretamente con il progetto di
    formazione «Il sardo a scuola», finalmente approvato perché «congruo con la programmazione regionale».
    Eppure sappiano quanti ostacoli siano stati frapposti, tanto che le somme destinate sono andate in perdute.
    Nella relazione per l’imminente inaugurazione dell’anno accademico riaffermerò che «l’ateneo ribadisce la
    volontà di battersi in difesa del bilinguismo e per la promozione della lingua sarda». Sostengo la necessità di
    una maggiore integrazione tra politiche universitarie e politiche linguistiche regionali. Tradizione di studi Il
    nostro ateneo vanta una tradizione di studi in materia di lingua sarda; la nostra commissione può contribuire
    a radicare delle competenze diffuse sulle quali si deve costruire una politica linguistica per il futuro. Sono
    convinto che le posizioni scientifiche sulle quali l’Università si sta attestando non siano di retroguardia: penso
    anzi che il lavoro linguistico già fatto ci metta ai primi posti in Europa come laboratorio di soluzioni fondate
    sulla problematicità del territorio. Anche il tentativo di rappresentare i sardi come pocos, locos e malunidos è
    un modo gravissimo di svalutare la cultura della Sardegna. Dobbiamo partire dal rispetto per i sardi, pronti a
    confrontarci con chiunque. Il nostro bacino di utenza include studenti che provengono da aree sardofone, ma
    anche di espressione sassarese, gallurese e catalana, un’area cioè tradizionalmente caratterizzata dalla
    compresenza di lingue. Circostanza che rappresenta una ricchezza da esaltare e valorizzare. Credo che
    ciascuno sia libero di scrivere ciò che crede: in questo caso però il rischio è che la posizione del direttore del
    Servizio lingua sarda sia confusa con la ben più intelligente posizione dell’assessore Sergio Milia e della
    Regione Sardegna, che sarebbe opportuno venisse precisata in sede ufficiale.

  7. Il prof. Mastino è rettore, ne ha conosciute di cotte e di crude intorno ai finanziamenti per i corsi FILS, è politico oltre che studioso. In questo suo intervento concilia tutte queste posizioni. Credo che le dimensioni del suo intervento siano determinate proprio dall’incrociarsi delle sue competenze. Altrimenti ci sarebbe da dire che avrebbe potuto dedicarsi a compiti più gratificanti e liquidare tutto con qualche battuta, e ritrovare i suoi interlocutori istituzionali e scientifici di pari livello. Infatti dal lavoro in questione c’è da imparare, e basta dargli un’occhiata, soltanto come si gestisce maldestramente il livore nonché l’incomprensione di cosa sta succedendo intorno al grandioso progetto della LSC. Il prof. Mastino dimentica però che l’autore ha avuto e continua ad avere sostegni universitari, accademici come dicono alcuni pomposamente, e basta vedere le prefazioni-introduzioni ad alcuni lavori pubblicati dalla persona in questione nonché la sua rete di relazioni. Dunque il basamento implicitamente e certe volte esplicitamente certificante-valutativo sul quale si è appoggiata la sua attività, compresa quella editoriale, l’hanno costruito universitari ricercatori di professione. Che poi qualcuno di loro sottoscriva addirittura espressioni come quelle citate dal prof. Mastino, “accozaglia di dialetti” parlando della lingua sarda ossia dei suoi parlanti, oppure “secoli bui di considerazione esclusivamente dialettale di natura antropologica e folclorica, compreso l’attuale” (che non significa poi nulla di sensato), è una responsabilità in prima persona del prefatore. Quanto alla bipartizione «biforcuta» della lingua sarda tra Logudorese e Campidanese, v. qualche commento più in alto, a proposito del recente contributo di M. Virdis. Come organizzatore aveva doti, il dott. Corongiu, ma mi fermerei qui. Anche lui avrebbe dovuto farlo.

  8. Forse bisognerebbe guardare se gli accademici che hanno sostenuto Corongiu in questi anni sono dell’Università di Cagliari o di quella di Sassari (di questa è rettore il prof. Mastino): a me sembra che sono tutti di Cagliari…

    • Grazie per la precisazione. A loro la parola! Avranno ragioni sicuramente valide, sia scientifiche che politiche. Che le formulino a chiare lettere.

  9. Saludi Alexandra,

    Seu Cristian (gei ddu podis biri de sa mail). Si seus connotus una borta in sa biblioteca regionali. Tenis una mail aundi ti potzu scriri, poita no dd’agatu (o fortzis no dda biu sendi in tedescu!)? T’em’a bolli pregontai una cosa.
    Scusamì chi apu imperau is comentus de custu blog.
    Gràtzias, in bonora.

  10. Altri aggiornamenti bibliografici (non dell’ultima ora, ma meglio tardi che mai): Sue Wright, “The Right to Speak One’s Own Language: Reflections on Theory and Practice”, “Language Policy”, June 2007, Volume 6, Issue 2, pp 203-224.
    Abstract: The right to speak one’s own language is a right that has only recently been enshrined in law. At first this right was only a negative right (i.e. the right to use one’s language in the private sphere without persecution or prejudice), not a positive right (i.e. the right to use one’s language in the public space, to be educated in the language, to deal with the state in the language, etc.). As the Council of Europe’s Charter for Regional and Minority Languages has been accepted and become law in a number of European states, we encounter a dilemma. In Europe, institutions such as the courts, bureaucracy and education, have tended to use a single standard. Now, minority and regional languages are rarely standardised. What should be done? This paper considers how languages have been treated as defined and static systems for the purposes of nation state language planning. Data from Italy and France reveal that this has become unacceptable practice today. It is at odds with our greater acceptance of diversity and our recognition of the essentially dialogic nature of language.

  11. il grande Moralizzatore ora fa le pulci a tutti , ma sbaglio dico sbaglio oppure è stato pagato per anni dalla giunta italianista soru ? Dico potrei sbagliarmi ?

  12. Pingback: Risposta a Omar Onnis ed altro … | Alexandra: Arrexinis e Arrexonus

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